UN MESE sulla nuvola. Ad assaporare il futuro prossimo dei personal computer, sia pure con un discreto sforzo di immaginazione. Proprio così. Per poco più di quattro settimane abbiamo scelto di usare per la nostra vita digitale in casa soltanto il nuovo sistema operativo che Google si appresta a lanciare: Chrome OS. E tutto sommato non è andata così male, tra conferme, sorprese e qualche dubbio. Il nuovo ambiente di lavoro di Google dà vita a un computer pensato per vivere quasi esclusivamente in rete, un sistema operativo “Cloud” avanzato che finora è stato distribuito in decine di migliaia di copie assieme a un prototipo studiato per i test, il netbook da 12 pollici col nome in codice Cr-48 1. E che dal 15 giugno sarà disponibile per tutti con due nuovi modelli grazie a Samsung e Acer 2.
Ma l’hardware, in fondo, conta poco. Ce lo facciamo bastare, considerando che i computer con cui arriverà la versione definitiva di Chrome OS avranno impressi i marchi dei giganti dell’informatica del calibro di Samsung, Acer e Intel. Per semplificare diciamo che a breve scopriremo Chrome su dispositivi votati alla mobilità e forse, in futuro, anche sui tablet. Con un comune denominatore: consumi ridotti all’osso e quindi a massima autonomia energetica possibile. Non è certo un caso il cr-48 abbia una super batteria che occupa un buon terzo dello spazio e garantisce fino a 8 ore.
Ma andiamo avanti, adesso è il software che ci interessa. Google italia – che ce lo ha messo a disposizione – ha spiegato che si tratta di un ambiente ancora in beta, come nella migliore tradizione di Mountain View. Verissimo, ma le versioni che si sono succedute e che abbiamo provato (l’ultima si è installata da sola proprio mentre stavamo scrivendo questo articolo) danno l’idea che la stabilità non sia poi così lontana. Proprio perché nato per stare sulla rete, Chrome rappresenta uno scossone al mondo dell’informatica così come l’abbiamo concepita finora. Se ne va in pensione l’hard disk classico, sostituito da un disco a stato solido (più veloce e meno avido di energia) dove risiede il sistema operativo e i programmi. C’è naturalmente la connessione Wi-fi e un un modulo per la connessione 3G, indispensabile da noi in Italia dove trovare una connessione wireless quando ci si muove è sempre un’impresa.
Leggero e veloce. Chrome si avvia in poco meno di 7 secondi. Basta sollevare il monitor del laptop e spunta l’icona del nostro account (disponibile anche quello per gli ospiti). Non dobbiamo fare altro che inserire le nostre credenziali Google e si parte. Tutto, ma proprio tutto avviene con il browser, quel Chrome che molti di noi hanno imparato a conoscere già da tempo sui maggiori sistemi operativi in circolazione (e che conta a tutt’oggi 160 milioni di download). Anche per i settaggi successivi alla prima installazione bisogna aprire pagine di browser. Si tratta di rifiniture, per il resto il sistema va da solo così come da solo riconosce gli aggiornamenti e li applica. Scopriamo che nella pagina home ci sono dei programmi. Per lo più sono dei link a delle web apps. Controlliamo il nostro account di gmail, poi, aprendo altro scheda del browser quello della posta del lavoro (ci serviva javascript e funziona egregiamente), la chiudiamo e torniamo alla base. Lasciamo aperte le schede relative, laddove un’icona nella taskbar ci avviserà se su gmail ci è arrivata altra posta. Ancora il browser per navigare e qui si nota che il plugin di flash non sembra ottimizzato e i video non appaiono fluidi come ci si aspetterebbe. Ma siamo quasi certamente dinanzi ai classici difetti di gioventù.
Vogliamo scrivere. C’è Google Docs, naturalmente. Grazie al modulo 3G potremo continuare a lavorare anche quando la rete wifi ci abbandona. Ma se ci troviamo lì dove nemmeno quella mobile funziona? E’ decisamente un limite. Serve la connessione, poche storie. A meno che non consentire al sistema anche una vita offline. Dopo la scomparsa di Google Gears – è questo l’annuncio fatto oggi alla conferenza degli sviluppatori di Google a San Francisco – sarà il codice Html5 a permettere alle applicazioni web di fornire funzionalità offline. Con Docs, Gmail e Calendar. Anche perché la rete “sempre e ovunque” è ancora di là da venire.
App store. Qui Chrome OS non scopre nulla. Si accoda al modello già esistente e vincente e propone il suo negozio online di applicazioni. Il Chrome app store offre al momento di circa 2500 applicazioni, che aumentano di giorno in giorno grazie agli sviluppatori. Per lo più si tratta di applicazioni web, che vivono col browser. Troviamo di tutto, dalle interfacce giuste per poterci collegare ai servizi di storage e conservare i nostri dati online, alle applicazioni per modificare le foto, a quelle che ci consentono di leggere i principali giornali su nostro computer, a quell’universo di software studiati per rendere la transizione a questa nuova filosofia meno traumatica. In uno stile tutto smartphone ormai accettato da tutti e qui puntualmente riprodotto.
Mondo social. In questo campo la differenza con un sistema operativo tradizionale non si nota affatto. Volendo si possono utilizzare al meglio i servizi che Google offre per la messaggistica istantanea, anche video, altrimenti fanno il loro dovere le web application multi-protocollo che sono disponibili sul web app store, gratuite o a pagamento. IM+ per esempio, ci consente di tenere sotto controllo tutti i nostri account insieme. Il tutto fila con estrema semplicità ed efficacia. Lo stesso vale per gli account di condivisione di foto, da Flickr a Picasa agli altri che via via fanno la loro comparsa sul negozio online e a quelli musicali, tipo Last. fm e Grooveshark.
L’incognita sicurezza. Bel problemino. Richard Stallman, tra i pionieri del software libero, non la manda a dire: “Chrome OS è una minaccia per la privacy”. E argomenta da par suo, puntando il dito sulla stessa filosofia “cloud”. Va da sé che questa trasformazione in atto nel mondo digitale necessita di certezze soprattutto nel campo della privacy. Chi garantisce la sicurezza dei nostri dati che risiedono su server esterni per di più sparsi nei data center del pianeta? Servono regole certe, condivise e transnazionali. Il “cloud” ha il dovere di essere più sicuro dei sistemi di computer così come li abbiamo immaginati noi finora, altrimenti la sua stessa esistenza rischia di essere messa in discussione. E Chrome OS di non decollare mai come vorrebbe. Un cambio di rotta – soprattutto dopo i furti di dati personali 3 su scala mondiale degli ultimi tempi – che riguarda anche un settore cruciale come quello delle aziende, dove il tema della sicurezza è vitale. Sciolto questo nodo, la strada per la nuova creatura di Mountain View dovrebbe essere in discesa.
Conclusioni. Il Chrome os è ancora agli inizi, è un sistema operativo “bambino”. Mostra tutti i limiti di una beta ma è piacevole vederlo crescere considerando che rappresenta già ora una rivoluzione nel modo di approcciare alla vita digitale. Guarda avanti e passo dopo passo prova a rendere concreta la sua visione. Potremmo aggiungere che guarda “troppo avanti”. Ma poi, diciamocelo: quanti di noi hanno mostrato le stesse perplessità quando la Apple fece sparire i floppy dai computer? E che dire dello spaesamento di quando ci siamo trovati dinanzi ai primi dispositivi touch? O quando abbiamo rinunciato al lettore cd o dvd in nome della massima portabilità? Da allora, per esempio, abbiamo sostituito quei supporti magnetici con le chiavette e le memorie a stato solido sempre più piccole e sempre più performanti. E quasi non ce ne siamo accorti. Adesso è il turno del “cloud computing” che, a sua volta, si offre di farci lasciare nel cassetti schede e chiavette varie. In favore di una nuvola in cui i nostri documenti, le nostre foto, i nostri video, la nostra musica, sono su servizi dedicati (gratis o a pagamento) e da quei server possiamo averli disponibili ogni volta che vogliamo. Rete permettendo.
Del resto la maggior parte degli utenti usa il computer – anche in campo aziendale- per fare soltanto alcune cose, lo stretto necessario: navigare, condividere informazioni sul web, comunicare, dialogare coi nostri contatti social, sfogliare archiviare e gestire multimedia e poco altro. Chrome OS in questa fase è pensato per loro. E chi del computer fa un uso lievemente più complesso deve – almeno per ora – rivorgersi ad altri sistemi operativi più collaudati, sicuri e con un hardware molto più performante. E’ questo lo spartiacque, al momento. Mountain View lo sa e prova a indicare la sua strada in questa direzione. Nello stile work in progress che ha sempre contraddistinto Big G: in “beta”, ma su scala planetaria. La sfida è stata appena lanciata.